A proposito di conversioni

Disturbo spesso gli amici cercando, senza troppe pretese, di presentare l'Islam dalla particolare prospettiva del Tasawwuf o Sufismo, indicando, a volte, le fonti autentiche e viventi. Si vorrebbe, più di ogni altra cosa, suscitare curiosità, invitare a conoscere, non ad informarsi in maniera superficiale, ma a conoscere seriamente, per quanto possibile, poiché la conoscenza insieme all'onestà intellettuale sono il vero antidoto al pregiudizio il quale, troppo spesso, diventa iniquo giudizio e altrettanto iniqua condanna. La convivenza fra le vere religioni, senza peraltro promuovere sincretismi eterodossi, è quanto dovrebbe prefiggersi chi conservi ancora "il ben dell'intelletto".

Vi è purtroppo chi non vuole recedere da posizioni di netta chiusura perché ha edificato costrutti ideologici che perderebbero consistenza qualora venissero meno certi luoghi comuni e certe, a dir poco, indebite assimilazioni, a costoro il pregiudizio basta, il pregiudizio ... e basta.

Quanti sono afflitti da una tale mentalità guardano a qualsiasi espressione, fosse anche la più sincera e rispettosa delle appartenenze di ognuno, con pesanti sospetti e attribuiscono ad altri la cattiva fede che, in definitiva, è solo loro e considerano, inoltre, chiunque parli di Islam, come un fanatico proselitista, a maggior ragione se a farlo è un "convertito".

Senza null'altro aggiungere sul pregiudizio anti islamico cercherò di dire qualcosa a proposito di conversioni e convertiti.

Al fine di contrarre matrimonio ci sono oggi, più che non in altri tempi, delle conversioni di comodo o, se si vuole, di facciata. Spesso, vista la mancanza di timore di Dio, queste unioni naufragano miseramente generando situazioni incresciose a tal punto che molte delle più serie moschee d'Europa richiedono un periodo di preparazione prima di accettare una conversione e un matrimonio. Tuttavia generalizzare sarebbe ingiusto poiché non mancano onorevoli eccezioni. Vi è poi l'eccesso opposto di chi abbraccia l'islam radicale e ideologico deturpando il volto della più bella religione che Dio abbia dato all'umanità. Di ambo i casi si è, a volte, interessata la cronaca poiché sembrano tagliati su misura per chi teorizza l'incompatibilità "delle radici e delle culture", per quanto mi riguarda non me ne occuperò oltre.

Non sei tu che guidi coloro che ami, è Allah che guida chi vuole Lui. Egli ben conosce coloro che sono ben guidati. [Cor.28.56]

Riporto questo breve commento:

"L'esegesi sostiene che il versetto si riferisce in particolare al caso di Abû Talîb, zio paterno dell'Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) e padre di Ali (che sposò Fatima, figlia di Muhammad e che sarà il quarto califfo). Il Profeta cercò sino all'ultimo di convertirlo e pare che in punto di morte Abû Talîb ammise implicitamente di riconoscere la natura divina della missione del nipote, ma rifiutò di testimoniare la sua fede temendo, con malinteso senso dell'onore, che la gente potesse scambiare per paura della morte la sua conversione."

Neppure al Profeta (S.a.w.) fu conferita la "potestas" di convertire, oltre al versetto citato ve ne sono altri che direttamente o indirettamente rimandano alla stessa disposizione divina.

Dunque: "non sei tu che guidi (converti) ... è Allah che guida"

Secondo la prospettiva islamica ogni vera conversione consiste nella risposta alla chiamata di Dio, tale del resto è il significato che si dà di solito al termine vocazione, e che vera vocazione debba essere è facile da comprendere, infatti il musulmano prega, ad orari determinati, cinque volte al giorno e, fra le altre cose, digiuna un mese all'anno, questo per tutta la vita, il "carico" rituale è tale da essere paragonabile, ad esempio, a quello di un monaco d'altri tempi. Coloro per i quali è difficile andare in chiesa mezz'ora alla settimana, ma accettano ben volentieri la dialettica ordinaria secondo la quale i musulmani vogliono convertire chiunque o, addirittura, islamizzare l'Europa, riflettano bene e valutino con sincerità se loro stessi sarebbero in grado di concedere a Dio uno spazio tanto ampio nella propria esistenza così come è necessario che sia per chi abbraccia l'Islam vero.

Ho usato l'espressione "carico" poiché la pratica rituale, da un punto di vista del tutto esteriore, può effettivamente apparire come un peso, tuttavia, a sostegno del credente, sorge gradatamente ciò che in arabo è definito "dhawq", da tradurre con il termine "gusto", gusto rituale. Non è facile descrivere una tale disposizione interiore, sarebbe come cercare di spiegare a qualcuno cosa sia un sapore o un colore senza che questi ne abbia mai avuto esperienza diretta, si può solo dire: quando, per impedimenti d'ordine contingente oppure per un qualche malanno, ci si trova impossibilitati a compiere i riti nel tempo previsto, si cade in una condizione di profondo disagio, come se un elemento vitale fosse venuto a mancare, come se l'esistenza stessa fosse diventata una pietanza insipida.

Proseguendo ribadisco, in sintesi lapidaria, come la conversione di cui vale la pena trattare sia quella che risponde ad una necessità ontologica. Nel seguire questa linea e prima di vedere dove essa conduce, è opportuna una breve puntualizzazione.

Come noto nell'Islam non c'è un clero, ma sarebbe improprio affermare che non vi sia sacerdozio. Un Cristiano, ad esempio, non celebra la messa, ma vi partecipa, nell'Islam, invece, la relazione fra il credente e Dio è diretta, senza intermediari. L'Imam è un uomo versato nelle scienze religiose, guida e punto di riferimento della sua comunità, ma non è un prete, ogni musulmano è, di fatto, sacerdote dei propri riti.

L'acquisizione cosciente di una tale dignità sacrale è il compimento e la perfezione della conversione o, se si vuole, della fede: "adorare Dio come se lo vedessi perché se anche tu non lo vedi, Lui ti vede", ogni azione, ogni gesto, ogni pensiero, ogni parola sono sotto il Suo sguardo. Il credente vive nel mondo, ma non è già più del mondo, tuttavia un'acquisizione o una realizzazione, per quanto perfetti, sono, nella via del Tasawwuf, dei percorsi obbligati e dei supporti necessari per una realizzazione ulteriore essendo il fine ultimo Dio stesso, Allah (s.w.t.).

Inerenti al termine conversione sono anche i significati di mutamento di direzione, convergenza verso un punto, rivolgimento interiore.

"I Cieli e la Terra non MI contengono, ma MI contiene il cuore del Mio servo fedele" (Hadith Qudsi).

Questo cuore si situa nel centro dell'essere umano (integrale) ed è in corrispondenza analogica con il cuore fisico. E' il "luogo della Presenza", la Sua presenza, vi si giunge, in cha Allah, per mezzo di un metodo, di un'arte conservata come deposito sacro dalle Turuq islamiche ( Confraternite, Tariqa letteralmente significa via, la via del Tasawwuf-Sufismo).

E' anche il "luogo" della grande Pace, as-Sakina:

"Huwa Al-Ladhī 'Anzala As-Sakīnata Fī Qulūbi Al-Mu'uminīna" - Egli è Colui che ha fatto scendere la Pace (As-Sakīnata) nel cuore dei credenti (Cor.48-4).

La radice araba SKN da cui SaKiNa ha anche il significato di dimora, abitare: SaKaN, dunque la pace e la Presenza Divina sono inscindibili.

A titolo puramente informativo varrà la pena segnalare come il termine: "meschino" derivi dall'arabo miskin di cui ne mantiene il significato, ma mi-SKīN è un composto della stessa radice SKN da cui se ne evince che l'ultimo, l'infimo, il povero e il derelitto, il meschino insomma, è colui nel quale è la Presenza Divina. A questo proposito i cristiani potrebbero fare qualche accostamento con le beatitudini.

Parlare oggi di un luogo interiore o di uno stato spirituale espone inevitabilmente a delle critiche, anche malevole, non pochi sarebbero tentati di etichettare il tutto come un eccesso di emotività mistica, oppure come favole degli antichi, tanti, in effetti, sono i racconti di luoghi misteriosi in cui non si giunge ne per terra ne per mare, tuttavia, nell'Islam, interiore ed esteriore sono in strettissima relazione.

Sura di Abramo:

"O Signor nostro, ho stabilito una parte della mia progenie in una valle sterile, nei pressi della Tua Sacra Casa, affinché, o Signor nostro, assolvano all'orazione. Fai che i cuori di una parte dell'umanità tendano a loro; concedi loro [ogni specie] di frutti. Forse Ti saranno riconoscenti". [Cor.14-37]

C'è un luogo sulla terra, stabilito da Dio fin dalla fondazione del mondo in cui risiede la Presenza Divina, as-Sakina, verso il quale tutti i Musulmani si orientano per la preghiera e vi convergono in pellegrinaggio da ogni parte del mondo almeno una volta nella vita, la Santa Casa di Mecca.

Come il cuore del credente è la residenza divina nell'uomo così la Ka'ba lo è in relazione al nostro mondo, la conversione allora sarà simboleggiata dal pellegrinaggio rituale (Hajj) verso il centro spirituale intorno al quale è il raduno delle genti.

Rimane da dire che il compimento del cammino fino al centro interiore non è il termine del viaggio , ma da lì inizia invece, a chi Allah lo consente, l'ascesa nel mondo del Ruh (Spirito) secondo la via tracciata dal nostro Profeta Muhammad (S.a.w.), fino all'estinzione di ogni alterità, fin quando:

"Tutto scomparirà (perirà), eccetto il Suo Volto" (Cor.28-88).

Concludo affermando che colui il quale ha raggiunto la certezza che l'uomo è un albero le cui radici sono rivolte verso il cielo, poco si curerà dei giudizi e dei costrutti ideologici di chicchesia.

La pace sia su di voi

As Salamu Alaykum

Abd al Haqq Idriss Bacoccoli